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Se andiamo a cercare il significato di pregiudizio, scopriamo che è definito come un “atteggiamento sfavorevole od ostile verso altre persone che, oltre ai caratteri di superficialità e indebita generalizzazione, presenta anche caratteristiche di rigidità, generalizzazione... e resistenza a verificarne pertinenza e coerenza”. Quando se ne parla in rapporto ai problemi di convivenza con persone di altre etnie, ecco che definiamo la xenofobia e il razzismo. Ma se il pregiudizio razziale è purtroppo presente nelle nostre società - e in questo senso anche più visibile e, forse, contrastabile – è molto più subdolo e difficile da estirpare quello di cui ci racconta la bella mostra di Laura Correggioli, sostenuta meritoriamente dalla Commissione Pari Opportunità della Toscana. Si tratta dei pregiudizi contro le donne nel loro esprimersi, nel loro essere o in quello che, secondo un certo modo limitato di pensare, è un loro difetto o limite. Ecco perciò la donna che è discriminata perché ha avuto un figlio presto, oppure perché che ne ha avuti troppi o, al contrario, perché non ne ha avuti per niente; ovvero la donna troppo bella per aver fatto carriera solo con le proprie capacità o che è troppo creativa e quindi sicuramente inconcludente. E si potrebbe continuare. Il filo conduttore rimanda sempre all’etimologia della parola descritta all’inizio: atteggiamenti ostili, superficiali e generici, ma che creano una grande sofferenza ed ingiustizia.

Sono quindi estremamente grato all’artista per aver avuto la determinazione di realizzare questo progetto che lega l’arte all’impegno sociale e politico nel senso più nobile del termine, cosa di cui c’è grande necessità in questo periodo. 

Ma la volontà di Laura Correggioli non si sarebbe potuta palesare se non avesse incontrato il coraggio delle donne che hanno offerto i propri volti e le proprie storie al servizio di questa idea. A quest’ultime, tutti, dobbiamo porgere i nostri più sinceri ringraziamenti con l’impegno a non farle mai più sentire discriminate.

 

Eugenio Giani

Presidente del Consiglio regionale della Toscana

Stereotipi e pregiudizi attraversano la nostra vita di donne e le pari opportunità di genere, al di là delle dichiarazioni di principio, faticano a trovare corrispondenza nella realtà. Così anche il nostro Paese resta indietro nonostante gli innegabili progressi fatti dalle donne, soprattutto negli ultimi decenni, in termini di acquisizione di diritti civili o nei modelli sociali ed economici. Le violenze e le discriminazioni ancora presenti nella nostra società sono la diretta conseguenza di tale arretramento che risente di secoli di cultura maschilista e patriarcale. Per diffondere principi di pari opportunità e superare le prevaricazioni di cui è ancora infarcito il nostro tessuto sociale Laura Correggioli ha intrapreso un interessante progetto culturale e artistico che ha riscontrato il totale interesse della Commissione regionale pari opportunità che ho l’onore e l’onere di presiedere. Interesse maturato anche in seguito alla presentazione di tale lavoro, dall’alto valore anche simbolico, fatta dalla collega Siliana Biagini che ringrazio di cuore per la sua grande attenzione e per la sua costante collaborazione. L’artista, nelle belle opere qui esposte, affiancando parole e immagini affronta il tema dell’identità, della sua costruzione e di come ci vedono gli altri. Protagoniste sono donne “vere” ma con storie significative, che hanno subito un qualche pregiudizio legato al loro modo di essere per scelte di vita, professionali, per aspetto fisico o età. Donne consapevoli dello stereotipo in cui la società vorrebbe racchiuderle. Tante immagini innovative , in una carrellata impreziosita dall’attualità del tema toccato: come costruire l’identità nell’era digitale e come affrontare le problematiche sociali legate alla violenza e alle discriminazioni.

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Rosanna Pugnalini

Presidente Commissione regionale Pari Opportunità

I pregiudizi, questi escamotage che rendono conosciuti gli sconosciuti affibbiando maschere, false credenze, etichette. Un tutti contro tutti, a cui nessuno riesce a salvarsi e a rimanere illeso. 

Per lo scienziato Albert Einstein  i pregiudizi erano indebellabili tanto da affermare “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”. Dannoso e  pericoloso è spesso il risultato che un pregiudizio può apportare: questo è ben sottolineato da Marcel Proust “L’idea che da tempo ci siamo fatti di una persona ci tappa occhi e orecchie” anche se Voltaire era ben consapevole che “Il pregiudizio è un’opinione senza giudizio” e quindi non ha fondamento. Anzi, spesso è la “teoria dello specchio” (io critico in te, ciò che sono io) a ristabilire le giuste connessioni e a imbrogliare i sedicenti etichettatori di pregiudizi perché quello che si critica si appiccica addosso. Ne era ben consapevole anche lo scrittore americano Leo Buscaglia che affermava di dover “stare attenti a non portare con noi le nostre assuefazioni e i nostri preconcetti, altrimenti vedremo soltanto bruttezza. Vediamo ciò che noi proiettiamo”. L'unica soluzione dunque alla natura umana che tende sempre al pregiudizio la offriva già  Jean Jacques Rousseau per il quale “Non giudicate e non vi sbaglierete mai”. 

Ma non in questo caso: i pregiudizi sono al centro della mostra di Laura Correggioli, che, con un bagaglio di emozioni e con un occhio esperto, amorevole verso le sue creature artistiche ma anche tagliente verso la società, usa proprio i pregiudizi per descrivere le donne attraverso una carrellata di ritratti, luminosi, estemporanei e veritieri, le cui pennellate magistrali e veloci – così come sono veloci e forti i pregiudizi a nascere – descrivono universi a se stanti raccontando attraverso belle immagini alcune storie di donne. 

Immagini e parole sottolineano la loro unicità, riuscendo nell'impresa (im)possibile di svestirle dai pregiudizi e restituire loro il loro ruolo. 

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Sara Taglialagamba  

Storica d’arte

Donne come tante, che vogliono vivere i loro sogni, donne che difendono la propria libertà di scegliere “chi” essere, donne che non vogliono essere diverse da ciò che sentono nell'anima e che a volte soffrono, ma lottano contro i pre- giudizi e gli stereotipi che imperano ancora nella cultura  mentale e sociale del nostro tempo.              Ecco, questo è ciò che io ho visto in #quellache, il percorso pittorico dei ritratti di Laura Correggioli.  

 

#quellache ha esordito a Montecatini Terme per un bellissimo caso,  l’incontro con il suo  autoritratto “Noli me tangere”, esposto in Municipio in occasione della Giornata per l’eliminazione della  violenza contro le donne il 25 novembre 2017. Da lì ho proposto a Laura di allestire una mostra che mettesse in luce il vissuto delle donne, per rimarcare le difficoltà che purtroppo incidono sulla loro realizzazione umana, sociale e personale nonostante l’apparente parità di genere raggiunta.                 Nel marzo 2018  è stata organizzata nel Palazzo comunale di Montecatini Terme la prima tappa del progetto #quellache con i primi dieci  ritratti di donne e le loro storie che parlano di stereotipi e pregiudizi.

Ritratti di donne vere, diverse fra loro ma tutte simbolo della bellezza dell'animo femminile e di come sia faticoso farla emergere, accettare, riconoscere.

A Laura posso solo dire di proseguire nella sua avventura pittorica, esempio di analisi visiva, e mi auguro che #quellache possa diventare il riferimento nell'arte di noi tutte, perché in ogni quadro ritroviamo un po' di ciascuna di noi.

 

Siliana Biagini

Presidente Commissione per le Pari opportunità di Montecatini Terme

Laura Correggioli fa della sua mostra un manifesto. E un manifesto, per essere credibile, deve essere un interruttore di consapevolezza. Lo è fin dal titolo, #quellache, locuzione che pretende di catalogare in modo netto, preciso e generale realtà che invece sono sfaccettate e uniche. 

È naturalmente una provocazione che vuole scuotere dal torpore dell'indifferenza. Le etichette sono comode. Pretendono di sintetizzare in pochi elementi realtà complesse. Le etichette sono pericolose. Aprono la porta a diffidenza e discriminazione. Ancor peggio, ci spingono a credere che la nostra verità sugli altri sia l'unica valida, trasformando le persone nella citazione che facciamo di loro. 

Ecco allora che questo percorso per immagini e parole proposto da Laura ci invita a riflettere in modo critico sul pregiudizio, in particolar modo quando ingabbia le donne tra le sbarre degli stereotipi sociali. È una proposta diretta, immediata, senza filtri se non quello della tecnica pittorica scelta dall'artista, la sua cifra stilistica. Quel suo tratteggiare chiaro e quasi chirurgico volti e dettagli, senza mai scadere troppo nel puro figurativo. Perché Laura sa che ogni immagine, per quanto fedele possa essere, non è mai la realtà. Il disegno di un ponte non è il ponte. Ed è su questa differenza, questo scarto, che lei lavora. Le visioni che abbiamo degli altri sono sempre parziali. E non andrebbero mai scambiate per realtà assolute e universali.

Qui ogni singolo universo femminile viene rappresentato attraverso un vero e proprio contenitore, costituito da un ritratto, una storia di vita e una considerazione socio-culturale. Un mix che è come un lampo, capace di illuminare di colpo le coscienze e inchiodarci a tutte le volte che siamo stati rinchiusi in una definizione o bollati con un'etichetta. Soprattutto, a quando troppo superficialmente lo abbiamo fatto a nostra volta, dando il via o giustificando opinioni infondate, gogne, intolleranza e prevaricazioni. Ogni volta che abbiamo definito una lei del nostro quotidiano “#quellache”, certi di avere la sua verità in tasca.  

Laura stessa va oltre (non a caso) la definizione tipica di “quadro”, arricchendo la tela, i contorni e i colori con una narrazione che amplifica i significati sprigionati in prima battuta dalla tela. Una verità aumentata. Le parole qui non sono didascalie esplicative, ma diramazioni ulteriori che aprono nuove finestre. Provocano la riflessione e spaziano negli esempi di vita concreta di cui ognuno di noi è testimone o protagonista.

Così facendo, Laura rende onore a quella che di fatto dovrebbe essere un'urgenza  degli artisti. Quel “mandato sociale” che è la delega implicita che il pubblico concede all'artista, perché crei opere dotate di un valore simbolico per l’intera comunità di riferimento. Una rappresentanza sociale di sentimenti, linguaggi collettivi e valori simbolici identitari che, partendo dal particolare di un'opera o di un percorso tematico, spazi verso fenomeni ad ampio raggio.  

In questa mostra, ritratto per ritratto, guardiamo letteralmente in faccia una serie di pregiudizi, le opinioni sbagliate che si frantumano di fronte alla realtà effettiva delle cose, una realtà che ricorda agli uomini la naturale limitatezza delle loro esperienze e dunque di valutare sempre bene e a fondo prima di sparare (metaforicamente e non, come ci insegna purtroppo la cronaca) sentenze definitive e senza appello. 

 

Monia Baldacci Balsamello

Critica e consulente editoriale

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